5 luglio 2012

Che cosa ci fa un prete alle Olimpiadi?

«È proprio necessario un prete alle Olimpiadi?». Ovviamente, essendo io l’interessato, la risposta è affermativa. Lo sport è da tempo una frontiera della pastorale. La presenza di un prete negli eventi internazionali più importanti non avrebbe senso se non ci fosse stato e non ci fosse ancora un ampio impegno di elaborazione di una “pastorale dello sport” da parte dello specifico Ufficio Nazionale della Cei, lavoro che ha segnato un suo culmine con la pubblicazione della Nota Pastorale “Sport e vita cristiana”, ma che ha alle spalle la storia dell’associazionismo sportivo d’ispirazione cristiana, primo fra tutti il Csi.

«È proprio necessario un prete alle Olimpiadi?». Ovviamente, essendo io l'interessato, la risposta è affermativa. Lo sport è da tempo una frontiera della pastorale. La presenza di un prete negli eventi internazionali più importanti non avrebbe senso se non ci fosse stato e non ci fosse ancora un ampio impegno di elaborazione di una "pastorale dello sport" da parte dello specifico Ufficio Nazionale della Cei, lavoro che ha segnato un suo culmine con la pubblicazione della Nota Pastorale "Sport e vita cristiana", ma che ha alle spalle la storia dell'associazionismo sportivo d'ispirazione cristiana, primo fra tutti il Csi. Ingente inoltre è "il pensiero" della Chiesa (sia del Magistero che del laicato cattolico) sullo sport, considerato un importante ambito di vita, di cultura, di socialità, di valori che danno forza alla "missione evangelizzatrice" in esso. Lo sport, infatti, si presta a molte considerazioni sulla vita cristiana nei suoi vari aspetti: spirituali, solidali, educativi, etici.

Giunto alla terza esperienza Olimpica (Pechino, Vancouver e ora Londra) vissuta dal di dentro grazie al Coni, vivo l'evento "facendo il prete". Il prete condivide in pieno la vita dei dirigenti, degli atleti, degli accompagnatori, dei tecnici: i tempi, gli impegni, le gare, le "attese" a volte snervanti, le tensioni e le ansie. Vive anche le stesse passioni: si entusiasma, esulta, si preoccupa, incoraggia. Pur non vestendo i panni del tifoso, si appassiona anche lui per ciò che accade. Inoltre accoglie, incontra, celebra, favorisce i colloqui spirituali, e se qualcuno tenta di paragonarlo a uno psicologo, lui cerca un approccio diverso con la vita delle persone: suscitare una consapevolezza cristiana per comprendere e affrontare le specifiche questioni personali. Non è quindi una presenza "burocratica" ma la testimonianza di una Chiesa che si fa prossima, amica, fraterna. Viene apprezzata, e questo rende possibile un clima di familiarità ma anche di spiritualità e comunione. Ci sono poi incontri che confermano lo sport "luogo di valori", anche sul quel palcoscenico planetario che sono le Olimpiadi: vedi allora il tenere alta la testa anche nella sconfitta, l'avversario non considerato nemico, il frenare le emozioni quando si è provocati, lottare con se stessi e i diversi ostacoli, vivere l'umiltà non applaudita, gioire e consolare. Io questo l'ho visto, anche se so che non esiste uno sport completamente puro. Per questo mi piace pensarlo e narrarlo come una splendida metafora dell'esistenza. Ma anche come simbolo dell'agonismo spirituale.

 

Mons. Mario Lusek - Direttore Ufficio Nazionale CEI Pastorale del tempo libero turismo sport

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Massimo Achini

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